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“BELLEZZE IN VETRINA”
Il progetto nasce dalla collaborazione tra Confcommercio del Miranese e Amministrazione Comunale all’interno del Distretto del Commercio “Spinea, Ville Popoli e Mercanzie”, grazie al contributo della Camera di Commercio di Venezia e Rovigo e al prezioso lavoro dell’Associazione ASA30038.
Lo scopo è quello di evidenziare le innumerevoli “bellezze” di Spinea spesso poco conosciute ma che hanno un valore storico e architettonico notevole, nel contempo il progetto punta alla rigenerazione urbana partendo proprio dalle vetrine dei negozi sfitti per dare loro maggiore visibilità e ordine.
foto di Alessandro Brunello
Villa Squeraroli, Cometti
Via Roma, 108 – 30038 Spinea (VE)
L’edificio, databile tra fine 1700 e inizio 1800, è a forma di parallelepipedo, di tre piani con
copertura a padiglione e dotato di due ingressi, entrambi segnalati da alti pilasti con vasi
acroteriali. La parete principale, rivolta a sud, è caratterizzata al piano terra da un ingresso
archivoltato e due aperture laterali simmetriche e al piano nobile da una monofora architravata
con poggiolo in pietra.
Le sei assi verticali vengono determinate dalle aperture rettangolari disposte in modo
simmetrico su tutti e tre i piani.
In complesso, l’esterno è molto semplice al contrario dell’interno, il quale è adornato da stucchi,
fregi e soffitti decorati.
foto di Pier Paolo Pulese
Villa Franco / Simion – oggi biblioteca comunale in primo piano il Cavaliere Errante di Don Chisciotte opera di Vinicio Stocco
Via Roma, 265 – 30038 Spinea (VE)
1711 prime notizie storiche sull’edificio:
Una famiglia facoltosa, ma non nobile, forse artigiana e foresta (non originaria di Venezia), abitante nel sestiere di San Marco, decise di edificare
uno stabile confortevole lungo la via principale del paese con lo scopo di possedere una dimora da spasso e villeggiatura, ove invitare amici e parenti.
1728 vendita al veneziano Antonio Gasparini
Anche questa nuova famiglia non era nobile, ma agiata e legata ad una parentela estesa.
Venne ordinato il totale rifacimento dell’edificio, poichè essendo questo molto semplice e modesto non avrebbe testimoniato le elevate possibilità economiche del compratore.1795 vendita a Francesco Occioni membro di una famiglia di notai veneziani, già proprietario di un
fabbricato contiguo alla villa in direzione est.
1810 e decenni successivi ripetuti cambi di proprietà della villa: all’Occioni seguì la famiglia patrizia veneziana dei Sagredo, fu venduta in seguito ai Fedeli.
Nel 1873 fu proprietà dei Pescarolo, nel 1907 venne rilevata dalla famiglia Orlandini, borghesi veneziani. Nel 1912 fu ceduta alla famiglia Bortoluzzi e nel 1935 a Pia Fiori coniugata Franco, da cui la villa fu denominata “Villa Franco”.
In questo periodo, la villa iniziò il suo declino, poichè i proprietari non vi abitavano stabilmente, e non garantivano la cura continua degli stabili.
Le vicine case a schiera furono alienate e costituirono un corpo indipendente con una unica viuzza d’accesso da via Miranese, la cosiddetta calle.
Nel secondo dopoguerra la struttura dei locali venne modificata per ricavare una dozzina di unità immobiliari da affittare: questa sistemazione comportò l’imbiancatura e la scalfitura delle poche fasce decorate ad affresco e stucco.
Nel 1967 l’amministrazione comunale di Spinea rilevò l’edificio. Da questo momento in poi la villa divenne edificio pubblico. Dal 1967 al 1977 ci fu un primo restauro.
Dal 1977 al 1994 la villa, denominata Villa Simion dal nome del sindaco sotto la cui amministrazione venne acquistata, ospitò la biblioteca comunale.
Dal 1994 al 2002 la villa fu sottoposta ad un secondo restauro.Dal gennaio 2002 la villa è stata riaperta e gli spazi sono stati nuovamente destinati ad accogliere la Biblioteca Comunale.
foto di Chiara Micoli
Cavallo “Nino” opera di Vinicio Stocco (scultore arte moderna)
℅ Rotonda stazione Via Roma, – 30038 Spinea (VE)
Nei ricordi dell’infanzia c’è racchiusa la nostra storia di bambini, questi ricordi intrisi di sentimenti attivano in noi una profonda nostalgia di determinati momenti del nostro passato.
Diventare grandi non significa infatti dimenticarsi di ciò che abbiamo vissuto: anzi, più si cresce, maggiore è l’emozione che si sente dentro osservando quel che, in un tempo passato, rappresentava la nostra quotidianità”.
Vinicio Stocco questa emozione l’ha conservata gelosamente dentro al suo cuore, la nostalgia di questo cavallo che si chiamava ‘Nino’ era talmente tanta che, solo a quasi ottant’anni, è riuscito a staccarsene, modellandolo in una bellissima e molto reale corsa in libertà. Nino era il compagno di giochi suo e dei suoi amici.
Era un cavallo buono, ricorda Vinicio, noi eravamo piccolissimi e allora lui piegando entrambe le zampe in avanti si accucciava per farci salire in groppa e solo quando eravamo tutti su, aggrappati alla criniera, si rialzava e ci portava ad un andatura che ci permettesse di stare in groppa senza cadere. Regalando quest’opera alla sua città, l’artista ha voluto liberare ‘Nino’ per lasciarlo correre all’infinito.
Molto ben studiata anche la sua posizione al centro di una collinetta dove lo si può vedere proprio mentre galoppa felice, con la stessa felicità che aveva dato a Vinicio tanti anni prima, tanto da rimanere nel suo immaginario, come una delle cose più belle da ricordare.
Felice è la posizione che permette a tutti di vedere la scultura a 360 gradi con un incredibile effetto visivo e a chi lo osserva, di apprezzare la leggera del galoppo e la straordinaria e impressionante naturalezza del movimento motorio.
Una sola zampa, la sinistra piegata nel galoppo dona al cavallo, con efficacia, un movimento leggiadro. Lancia ‘Nino’ in una corsa che non avrà mai fine, con un’ essenzialità sorprendente per efficacia e resa visiva.
foto di Fulvio Scibè
Villa Squeraroli, Cometti
Via Roma, 108 – 30038 Spinea (VE)
L’edificio, databile tra fine 1700 e inizio 1800, è a forma di parallelepipedo, di tre piani con copertura a
padiglione e dotato di due ingressi, entrambi segnalati da alti pilasti con vasi acroteriali. La parete principale,
rivolta a sud, è caratterizzata al piano terra da un ingresso archivoltato e due aperture laterali simmetriche e al
piano nobile da una monofora architravata con poggiolo in pietra.
Le sei assi verticali vengono determinate dalle aperture rettangolari disposte in modo simmetrico su tutti e tre i
piani.
In complesso, l’esterno è molto semplice al contrario dell’interno, il quale è adornato da stucchi, fregi e soffitti
decorati.
foto di Pier Paolo Pulese
Villa Barzizza, Tessier Lanza
Via Rossignago – 30038 Spinea (VE)
L’edificio, del XVIII sec., era originariamente destinato a casa di villeggiatura. E’ composto da un corpo centrale con due ali laterali, un piccolo oratorio antistante la strada e da un corridoio adibito a casa colonica.
Tutta la proprietà è recintata da un alto muro in laterizio, il quale consente l’ingresso alla villa tramite quattro cancelli posizionati lungo la via principale. Il cancello cardinale in ferro battuto è segnato da due alti pilastri a base quadrangolare.
La facciata principale è composta, nel piano inferiore, da un portale centinato con mascherone in chiave di volta preceduto da una scalinata, nel piano nobiliare invece da una trifora composta di alte monofore ad arco a tutto sesto con mascherone in chiave di volta e poggiolo in pietra cinto da un parapetto in ferro lavorato. La facciata si conclude con un sopralzo, situato sopra la linea di gronda, terminando con un timpano triangolare con vasi acroteriali.
L’interno è tripartito tra salone centrale passante e le stanze laterali simmetriche, in entrambi i piani.
L’enorme villa è circondata dal parco anch’esso di notevoli dimensioni.
foto di Elisabetta Moggian Barban
Fornace Cavasin – ruderi
Via Asseggiano – 30038 Spinea (VE)
La fornace Cavasin di Spinea è una tipica espressione della cultura locale, il frutto dell’adattamento alle esigenze specifiche dello stabilimento di un tipo edilizio ben consolidato e sedimentato nella cultura costruttiva tradizionale delle terre venete e proprio per questo, essa rappresenta un significativo documento della storia sociale del territorio.
Pur intrecciato strettamente con l’attività dei campi, il lavoro nella fornace divenne progressivamente la principale fonte di sostentamento per le famiglie della zona, un lavoro duro che coinvolgeva anche le donne e i bambini.
Le testimonianze superstiti della fornace di laterizi di Spinea sono abbastanza complete da poter documentare in modo esaustivo la configurazione dell’impianto nella fase più matura e quindi più recente dell’attività e contribuiscono, quindi, significativamente a testimoniare quel momento del processo di intensa urbanizzazione del territorio, che ha più profondamente trasformato la zona, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, e più marcatamente a partire dagli anni sessanta del Novecento, portando con sé conflitti e contraddizioni tuttora irrisolti.
Questo lavoro si ripromette di chiarire innanzitutto le caratteristiche del sito, di riconoscerne i valori con riferimento sia al pregio delle opere edificate che al significato intrinseco, documentario e storico che esse esprimono, sia nella peculiarità e potenzialità del paesaggio che proprio quelle testimonianze inserite nel territorio non ancora urbanizzato che le circonda possono concorrere a caratterizzare.
La prima documentazione ufficiale della presenza della famiglia nell’attività di produzione dei laterizi risale all’anno 1900, quando Luigi Cavasin, nativo di Casale sul Sile e residente a Marocco, prende in affitto un appezzamento di terreno agricolo di circa sette ettari e mezzo posto a sud della strada per Asseggiano in località Manente, sul quale si trova, da almeno tre anni, una piccola fornace a fuoco intermittente.
La produzione viene incentivata e il terreno sul quale si trovava l’impianto, che si estendeva per nove ettari e mezzo dopo che il proprietario Vittorio Friedenberg aveva acquistato una porzione a nord fino ad arrivare alla strada per Asseggiano, viene acquisito nel 1921 dal figlio di Luigi, Angelo Cavasin (1866-1940), operativo nell’azienda e principale promotore del suo sviluppo.
foto di Carlo Vianello
Oratorio S.Maria Assunta – ora luogo espositivo di mostre
Via Rossignago 30038 SpineaIl primitivo edificio di Santa Maria Assunta sorge probabilmente tra il decimo e l’undicesimo secolo, quale chiesa madre del territorio di Spinea, soggetta alla giurisdizione del Vescovo di Treviso e dotata di fonte battesimale.
L’usura del tempo e gli scontri tra i vari eserciti che si contendevano il territorio, in particolare nel 1320 durante la battaglia di Orgnano, ne causano la distruzione quasi totale.Nel 1382 viene ricostruita, partendo praticamente dalle fondamenta, per volere dell’allora Vescovo Pietro da Baone e diventa chiesa campestre e centro di culto mariano.
Nel 1382 viene ricostruita, partendo praticamente dalle fondamenta, per volere dell’allora Vescovo Pietro da Baone e diventa chiesa campestre e centro di culto mariano.
Nel 1474, a causa della povertà della chiesa e della necessità di costanti manutenzioni e restauri, viene stipulato un contratto con cui si riconosce alla famiglia di Antonio Negri lo iuspatronato: la facoltà di nominare un mansionario ma anche l’obbligo di rifabbricare l’edificio e di concorrere al mantenimento del cappellano.
Tuttavia nel 1533 l’ufficiatura delle messe risulta già abbandonata ed il Nunzio Apostolico intima a Marino Negri di “riattar la chiesa che trovasi in disordine” .Altre contese sul diritto di nomina del mansionario causano nuovamente ulteriori danni dovuti a lunghi periodi di incuria fino a che, dal 1767 al 1785 si procede ad un nuovo accurato restauro a cura di Rinaldo Pusterla. Nel verbale di una visita pastorale compiuta del Vescovo Giustiniani nel 1769 compare per la prima volta l’intitolazione della chiesa alla “B. Maria Vergine nei Cieli Assunta”, nome rimasto fino ad oggi, e all’Assunta risulta dedicata la pala sull’altare. Ma ben presto lo stato della chiesa torna a peggiorare e nel 1851 è nuovamente non utilizzabile per le funzioni religiose, tanto che nel 1853 viene ufficialmente sospeso l’Oratorio dal culto fino a che “non sia stabilito nella primiera decenza e provveduto ai necessari arredi”. Dopo qualche tempo si da il via a nuovi lavori integrali di restauro, interamente finanziati dai parrocchiani, e vengono apportate anche delle modifiche strutturali: viene rifatta la pavimentazione, vengono aperte nuove finestre e viene spostato l’altare, originariamente appoggiato al muro.
L’Oratorio viene nuovamente benedetto nel 1855, il 15 agosto, giorno in cui si ricorda l’Assunta.
Diventa proprietà del demanio nel 1867 e viene acquisito dalla famiglia Pasqualetto nel 1871 e continua ad essere un curato luogo di culto almeno fino al 1908. Poi la situazione cambia nuovamente e nel verbale di una visita pastorale del 1924 risulta nuovamente non utilizzato da tempo ed in uno stato di abbandono ed incuria che dura fino alla “scoperta”.
foto di Elisabetta Moggian Barban
Chiesetta privata – Villa Bellati
Via Roma, 291 – 30038 Spinea (VE)
l’imponente complesso è composto dal palazzo principale, il vasto parco all’inglese e numerosi annessi. Quest’ultimi sono posizionati in maniera molto articolata, quasi a formare una “C” e sembrano risalire ad epoche differenti e successive alla dimora padronale. la chiesetta appartiene al complesso.
L’apparato decorativo e di finitura della facciata principale ricordano i caratteri dell’epoca in cui fu costruita la dimora (1851). Infatti, nel piano nobile sono presenti aperture arricchite da un architrave sporgente, il quale viene sorretto da mensoline a voluta. Al centro della facciata troviamo una monofora sormontata da un timpano triangolare, la quale viene cinta da un corto balcone con parapetto in ferro battuto. Al di sopra del piano nobile si trova un piano sopraelevato, dove si aprono due finestre con balconcini a filo con ringhiera in ferro battuto. Il piano sopraelevato è collegato alla parte inferiore tramite due volute, alle quali si sovrappongono dei piccoli vasi acroteriali. La zona sommitale è chiusa da un timpano triangolare al centro del quale vi è una nicchia modellata a conchiglia, al cui interno vi è posizionato un busto scolpito. Tutta la facciata è ripartita in fasce orizzontali grazie alle fasce marcapiano.
L’apparato decorativo della facciata posteriore si presenta più semplificato rispetto alla precedente, anche se è presente uno stemma sopra le aperture principali e un busto tra le finestre con terrazzino metallico dell’ultimo piano.
Nel 1880 il proprietario trasforma il terzo piano in un gabinetto metereologico, apportandogli delle migliorie tramite un osservatorio e le più moderne apparecchiature dell’epoca, telegrafo e telefono a circuito chiuso.
All’interno dell’edificio sono raccolti anche sarcofagi ilariani, numerose statue e preziosi marmi.